ernesto scontento

“Disapprovo ciò che dici, ma difenderò alla morte il tuo diritto di dirlo ” (Voltaire)

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Come sarà il 2008 ?

Posted by ernestoscontento su gennaio 3, 2008

Cosa scivere nel primo Post del 2008 ?

Intanto spero che abbiate passato serenamente le feste.

Per quanto mi riguarda tutto bene, unica nota dolente, la delusione per il discorso di fine anno del nostro Presidente della Repubblica.

Noto con piacere che RESET è frequentato da nuovi autori, spero vivamente che continuino a dare il loro contributo.

Io per ora leggo,impegni di lavoro non mi consentono per ora di stare in rete come al solito.

Vi confesso che sono politicamente abbattuto, stasera devo andare ad un incontro per il PD, CHE DIRE? CHE FARE?

Sono incerto……..deluso Dal Presidente, deluso da Prodi che fa la gara con Zapatero sui sorpassi….numeri solo e soltanto numeri…….Mi sembrano parole di persone lontane dalla realtà quotidiana della gente comune.

Intanto, la CGIA di Mestre ci dice che se L’Italia si dota del solito apparato Amministrativo di quello tedesco, nel 2014 il debito Pubblico diventa a livello europeo il 56% del PIL.

Le associazioni dei consumatori, ci informano che il 2008 vedrà un aumento dei prezzi che inciderà per 1.700 euro anno sulle tasche degli Italiani, indebolendo ulteriormente sia la qualità della vita e i consumi interni.

Il Petrolio è a 100 dollari al barile ( la pasta nei negozi si trasporta coi TIR) dove arriverà? quali contromisure adottare?.

Unica nota positiva è la scelta fatta per Alitalia, solo un gigante può risanare un gigante malato, per i nani si può avere simpatia ma in economia difficilmente hanno cure appropriate per chi è più grosso di loro ( leggi articolo di ernesto in merito).

Il Presidente Napolitiano esorta a investire in ricerca, peccato che nessuno sembri avergli detto . Che in Italia fino aalla metà degli anni 70 investivamo il 4% del PIL in ricerca ma il 2% veniva dall’IRI.

L’Italianità c’è la siamo giocata, con la nostra superficialità, nessuno a mai pensato che il sistema economico per sopravvivere e riprodursi può anche fare a meno del Surplus, ma deve necessariamente riprodurre tutti gli altri valori……..

Buon 2008 a tutti.

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Approfondimenti:

pdf CGIA Mestre Debito Pubblico

pdf Banca D’Italia: Lo Stato imprenditore e la qualificazione tecnologica dello sviluppo economico italiano: l’esperienza dell’IRI nei primi decenni del secondo dopoguerra Sabrina Pastorelli, Dicembre 2006

Rapporto Assinform 2006: lenta ripresa. Le imprese al Governo: ‘Rilanciare gli investimenti in innovazione’

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PUBBLICO IMPIEGO: IL NOSTRO E’ TRA I PIU’ COSTOSI D’EUROPA

Posted by ernestoscontento su settembre 3, 2007

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Sul totale del costo in Italia incide molto la spesa per interessi sul debito pubblico e, in particolare, quella relativa al funzionamento della macchina pubblica (ovvero, l’amministrazione e la gestione)

La pubblica amministrazione costa a ciascun cittadino italiano 5.564 euro.

Tra i principali competitori economici europei solo la Francia con 5.765 euro pro capite registra una spesa superiore alla nostra, anche se in termini di efficienza e di performance il pubblico impiego transalpino è nettamente migliore del nostro.

E’ questo il principale risultato emerso dall’analisi condotta dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre che ha messo a confronto lo “score” delle principali pubbliche amministrazioni europee.

Analizzando i dati dalla CGIA fanno sapere che la spesa di funzionamento totale è data dalla sommatoria dei costi per il personale, dai costi per l’amministrazione e la gestione e quelli per gli interessi da pagare sul debito pubblico.

Come dicevamo il costo totale più “esoso” è quello francese con un valore pro capite pari a 5.765 euro.

Segue l’Italia con 5.564 €, il Regno Unito con 5.182 €, la Germania con 4.115 € e, all’ultimo posto tra i principali paesi dell’Europa dei 15, la Spagna con soli 3.247 € pro capite.

“Di fronte a questi risultati,commentano dalla CGIA di Mestre,ciò che balza subito agli occhi non è tanto il costo del personale italiano che con 2.660 € pro capite è ben al di sotto dei dati riferiti al Regno Unito o alla Francia, bensì i costi per il funzionamento della macchina pubblica che è la più costosa tra i principali paesi Ue nostri competitori.

Infatti – concludono dalla CGIA,se da noi il costo si attesta sui 1.763 € pro capite in Francia è pari a 1.389 € mentre tutti gli altri paesi sono ben al di sotto di questo importo. Infine, ma questo non rappresenta certo una novità, paghiamo ben 1.141 € pro capite di interessi sul debito pubblico contro i 752 € della Germania, i 739 € della Francia, i 638 € del Regno Unito e i 379 € della Spagna”.

Spese di funzionamento della Pubblica amministrazione in alcuni paesi europei (anno 2005) Dati pro capite in euro

tabella n 1 pa

Spese di funzionamento della Pubblica amministrazione in alcuni paesi europei (anno 2005) Dati pro capite in euro Italia Esclusa.

tabella n 2 pa

La comparazione con la UE.

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Dalla Tabella n 3, potete vedere il dato comparativo sia nel valore delle singole voci, e come valore della spesa complessiva.

A differenza della CGIA di Mestre ( tab.n.1)si è tolto il valore dell’Italia ( Tab.n.2) per effettuare la media UE, in quanto il dato comparativo ci sembra più reale, nel rilevare l’effettiva differenza con la media UE.

Come potete ben vedere la nostra macchina Amministrativa ci costa nel suo complesso ben il 21,56% in più rispetto alla media Europea , questo si tramuta in tasse e, imposte, verso cittadini e imprese. Ma non solo come evidenzia anche la CGIA di Mestre, i nostri servizi sono meno efficienti, quindi il conto è ancora più salato e, il divario fra costi è benefici aumenta.

FACCIAMO ALCUNE PROIEZIONI:

Ci vorranno anni, ma è un dovere morale, non possiamo lasciare un debito maggiore rispetto alla media UE, e farlo pagare alle generazioni future. Ne va della competitività del sistema.

tabella n 4 pa

Nella tabella n.4, è stato rettificato alla media UE, il dato per spesa di interessi, in maniera da evidenziare l’effettiva inefficienza del sistema amministrativo al netto della spesa per interessi, in quanto debito contratto nel tempo e da ridurre in tempi medio lunghi, come potete vedere la spesa complessiva è comunque maggiore del 10,33 % rispetto ai nostri colleghi Europei.

Se lo vogliamo! possiamo raggiungere questo obbiettivo, in quanto è, il più realista in tempi brevi.

tabella n 5 pa

Nella tabella n.5, è stato rettificato alla media UE, il dato per la spesa dell’Amministrazione e gestione, in maniera da effettuare una proiezione di efficienza raggiungibile, se il sistema paese fosse tutto proiettato all’interesse comune, come potete vedere la spesa complessiva è comunque maggiore del 8,53 % rispetto ai nostri colleghi Europei.

Il recupero della vera efficienza è un sogno lungo da venire!!!!

tabella n 6 pa

Nella tabella n.6, sono stati rettificati i dati alla media UE, per spesa di Interessi sul debito pubblico e spesa per Amministrazione e gestione, in maniera da evidenziare una proiezione di paese virtuoso, come potete vedere la spesa complessiva è inferiore del 2,70% rispetto ai nostri colleghi Europei.

Grafico. n. 1 – Spesa pubblica pro capite, debito e Pil: confronti internazionali (euro)

Grafico n 1 pa

In conclusione, se si confrontano alcuni indicatori della spesa pubblica dell’Italia con quelli, ad esempio, di Francia e Germania (fig. 4 GRAFICO 1) emerge che il nostro paese:

– al netto degli interessi ha la minore spesa pro capite;
– ha un enorme “peso” rappresentato sia dallo stock di debito che dalla spesa per interessi sullo stesso;
– ha il livello più basso di Pil per abitante.

E dunque si scopre che la spesa per assistenza e previdenza in termini pro capite non è poi così elevata: questo è forse un segnale quantitativo di inefficienza. Spendiamo molto per tenere in piedi una macchina che non produce benefici.
In un contesto di elevati interessi, di elevato e crescente stock di debito pubblico e di relativamente modesto Pil pro capite. In questo senso, liberare l’economia è liberarsi del debito. Per tornare a crescere, ed avere servizi efficienti.

Grafico n. 2 andamento del debito pubblico in Italia

Grafico n. 3 andamento dell’avanzamento primario in Italia

Grafico n 3 pa

Grafico n. 4 il debito pubblico in Europa anno 2004

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La chiesa, le tasse e la giustizia sociale.

Posted by ernestoscontento su agosto 21, 2007

Girando girando, mi sono imbattuto in un manifesto del PCI del 1953, dal titolo ” LA GREPPIA” “Alla greppia dello Stato”. 54 anni sono passati (io non ero ancora nato nel 1953) ma il manifesto è significativo, ora come allora…..

Forse le motivazioni erano diverse, ma l’essenza no non cambia: quando c’è da prosciugare le case pubbliche, sembra che i politici siano digiuni fin dalla nascita.

E se gli esempi vengono dall’alto, siamo a posto…….

“È il sistema istituzionale che in molti aspetti deve cambiare”.

È ormai matura, sulla spinta della sollecitazione dell’opinione pubblica e della consapevolezza degli stessi gruppi parlamentari, una profonda riforma della politica.

Walter Veltroni nel suo discorso di Torino era stato chiaro: il nostro sistema democratico è profondamente in crisi con un fossato che si allarga sempre di più, quello tra i cittadini che chiedono regole chiare e servizi efficienti e una politica che sembra sempre di più avvolgersi su se stessa in una difesa, altrettanto appassionata quanto suicida, dei propri privilegi.

Ma se l’analisi è chiara, i comportamenti concreti, lo sono meno!!!!!

Vista l’ultima proposta di legge, di rintrodurre il finanziamento diretto dei partiti, proposta avanzata dal tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti.

E visto che , il lupo perde il pelo ma non il vizio…….proverbio confermato dal disegno di legge per introdurre la formula del quattro per mille un modo di sostegno finanziario alle forze politiche.

Non ci resta che attenderci il peggio dall’ arroganza di questa classe politica è senza limiti e pudore……che invece di richiamarsi al sobrio,allo spirito di servizio che dovrebbe animare ogni forma di partecipazione politica; pensano ai loro interessi privati a spese dello Stato ( che è Pubblico).

Di finanziamenti i partiti ne hanno già, e fin troppi ( leggi ultime inchieste del Sole-24 Ore).

I partiti si sono beffati del volere popolare, aggirando di fatto il mandato del popolo sovrano espresso con il voto del referendum del ’93, L’escamotage sono stati i rimborsi elettorali, aumentati più volte a dismisura ,e sempre con voto bipartisan in questi ultimi anni.

Non contenti, si pesca a piene mani nelle casse dello stato, anche con i fondi per i giornali di partito e il finanziamento diretto ai gruppi di Camera e Senato.

Il tutto fatto da una Casta politica che non si fa mancare niente dalle auto Blu da noi 573 mila, contro le 73 mila della Germania e le 72 mila della Francia, dagli sconti sui pasti, alle agevolazioni sugli aerei e treni, in fondo poverini sono quelli con agli  stipendi più alti d’Europa,ed è anche  una casta prolifera ,visto che ai mille parlamentari Italiani ne corrispondono:

– 577 della Francia,
– 646 della Gran Bretagna,
– 614 della Germania,
– 435 degli Stati Uniti,

Il Cardinale Bertone Invita i cittadini a pagare le tasse, se fatte con leggi giuste.

PURTROPPO SUA EMMINENZA, SI DIMENTICA DI DIRE CHE, LA GIUSTIZIA E’ SPESSO SOGGETTIVA, E CHE OCCORRONO UOMINI ILLUMINATI PER FARE COSE GIUSTE E CONSIDERATE GIUSTE DAI PIU’.

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L’ANALISI: Le colpe di Greenspan – America immersa nei debiti – di JOSEPH E. STIGLITZ.

Posted by ernestoscontento su agosto 10, 2007

 

Fonte: La Repubblica.it

L’ANALISI: Le colpe di Greenspan – America immersa nei debiti – di 

I pessimisti che da tempo prevedevano che l’economia americana stesse andando incontro a guai seri, sembrano infine riscuotere i loro giusti meriti. Francamente, però, non c’è di che stare allegri vedendo i prezzi delle azioni crollare in conseguenza di sempre più frequenti insolvenze da parte dei mutuatari. La situazione, tuttavia, era assolutamente prevedibile, come prevedibili sono le conseguenze che si ripercuoteranno sia su milioni di americani che dovranno far fronte a gravi difficoltà finanziarie, sia sull’economia globale. Tutto risale alla recessione del 2001.

Con l’avallo di Alan Greenspan, presidente della Federal Reserve, il presidente George W. Bush aveva fatto approvare uno sgravio fiscale finalizzato ad avvantaggiare gli americani più ricchi, ma non a risollevare l’economia dalla recessione che aveva fatto seguito allo scoppio della bolla di Internet. Una volta commesso quell’errore, alla Fed restava ben poca scelta: se voleva rispettare il proprio mandato, consistente nel mantenere la crescita e l’occupazione, doveva necessariamente abbassare i tassi di interesse.

E così ha fatto, ma con modalità che non hanno precedenti: ha infatti portato i tassi di interesse fino all’uno per cento.

La manovra ha funzionato, ma in maniera sostanzialmente diversa da come la politica monetaria funziona abitualmente. Di norma, infatti, bassi tassi di interesse stimolano le aziende a sottoscrivere più prestiti per investire di più e, sempre di norma, a un maggiore indebitamento corrispondono asset più produttivi.

Considerato però che l’eccessivo investimento degli anni Novanta costituiva parte del problema alla base della recessione, i tassi di interesse più bassi non hanno stimolato granché gli investimenti. L’economia è migliorata, ma più che altro perché le famiglie americane sono state convinte ad accollarsi sempre più debiti, rifinanziando i loro mutui e spendendo parte delle loro entrate. Finché i prezzi delle abitazioni sono aumentati in rapporto ai più bassi tassi di interesse, gli americani hanno potuto fingere di non accorgersi di essere sempre più indebitati.

Di fatto, anche questo non è servito a stimolare più di tanto l’economia. Per invogliare un maggior numero di persone a prendere in prestito più denaro, gli standard di solvibilità sono stati ridotti, e ciò ha innescato il moltiplicarsi dei cosiddetti “mutui subprime” (mutui concessi alle categorie meno abbienti e quindi con un elevato indice di rischio per gli istituti eroganti, ndt). Sono stati inoltre messi a punto nuovi prodotti, che riducendo gli importi degli anticipi hanno reso ancor più facile per i clienti sottoscrivere mutui più cospicui.

Alcuni mutui hanno avuto addirittura un ammortamento negativo: i pagamenti non hanno coperto gli interessi dovuti, così di mese in mese il debito è andato aumentando. I mutui fissi, con tassi di interesse al sei per cento, sono stati rimpiazzati da mutui a tasso variabile, il pagamento degli interessi dei quali era ancorato ai più bassi tassi di un T-bill (Bot) a breve termine. I cosiddetti “teaser rates” (tassi di interesse ridotti applicati per il primo anno e appositamente concepiti per attirare clienti, ndt) hanno consentito inoltre di ridurre ancor più i pagamenti per i primissimi tempi: ma erano appunto “teaser” (letteralmente “stuzzicanti”, ndt), e pertanto hanno sfruttato il fatto che molti mutuatari non fossero granché esperti da un punto di vista finanziario e non fossero in grado di capire fino in fondo in che cosa si stavano cacciando.

Alan Greenspan li ha incitati a esagerare con i rischi, spingendo questi mutui a tasso variabile. Il 23 febbraio 2004 Greenspan osservò che “molti proprietari di casa avrebbero potuto risparmiare decine di migliaia di dollari se nell’ultimo decennio avessero sottoscritto mutui a tasso regolabile invece che mutui a tasso fisso”. È mai possibile che Greenspan si aspettasse davvero che i tassi d’interesse sarebbero rimasti per sempre all’uno per cento, un tasso di interesse reale assolutamente negativo? Possibile che Greenspan non abbia pensato a quello che sarebbe accaduto agli americani poveri con mutui a tasso variabile quando i tassi di interesse fossero saliti, come quasi inevitabilmente avrebbero finito col fare?

Indubbiamente il comportamento di Greenspan si spiega col fatto che durante il suo mandato l’economia si è comportata molto meglio di quanto si sarebbe comportata altrimenti. Ma doveva essere soltanto questione di tempo prima che questa performance diventasse insostenibile.

Per fortuna, la maggioranza degli americani non ha seguito il consiglio di Greenspan di cambiare tipologia di mutuo orientandosi su quello a tasso variabile. Nondimeno, anche quando i tassi di interesse a breve termine hanno incominciato a salire, il giorno della resa dei conti è stato soltanto rinviato e altri mutuatari ancora sono riusciti a ottenere mutui a tasso fisso, con tassi di interesse più meno fissi e non in aumento. Stranamente, a mano a mano che i tassi di interesse a breve termine hanno iniziato a salire, i tassi a medio e lungo termine sono rimasti immutati, stranezza alla quale si è fatto accenno utilizzando il termine di “rompicapo”. Una delle possibili spiegazioni per questa stranezza è che le banche centrali straniere che stavano accumulando trilioni di dollari nei loro forzieri alla fine si siano rese conto che avrebbero avuto buone probabilità di continuare a tenersi queste riserve per anni e anni a venire, e abbiano pertanto deciso di potersi permettere di investire quanto meno parte del denaro in emissioni a medio termine del Tesoro statunitense che (almeno in un primo tempo) assicuravano guadagni superiori rispetto ai Bot.

La bolla immobiliare alla fine è scoppiata e, con i prezzi in calo, alcune persone hanno scoperto che i loro mutui erano più cari del valore delle loro abitazioni. Altre si sono rese conto che con l’aumento dei tassi di interesse non riuscivano più a far fronte alle rate del mutuo. Troppi americani non avevano previsto alcuna forma di riserva di sicurezza per il loro budget, e gli istituti eroganti, impegnati a evidenziare soltanto le rate generate dai nuovi mutui, non li hanno incoraggiati a farlo.

Tanto era prevedibile lo scoppio della bolla immobiliare, quanto lo sono le sue conseguenze: la costruzione di nuovi immobili e la vendita di quelli esistenti sono in forte rallentamento mentre la disponibilità di case è in netto aumento. Da alcuni calcoli risulta che negli ultimi sei anni oltre i due terzi dell’aumento della produzione e dei posti di lavoro erano da mettersi in relazione al settore immobiliare, e ciò riflette come i nuovi proprietari di casa e le famiglie abbiano ipotecato le loro case per soddisfare la loro frenesia nei consumi.

La bolla immobiliare ha indotto gli americani a vivere al di là dei propri mezzi. Il risparmio netto è negativo da un paio di anni. Ora che questo motore di crescita si è fermato, è difficile immaginare in che modo l’economia americana potrà non subire una frenata. Ritornare al risanamento fiscale sul lungo periodo sarà sicuramente positivo, ma nel breve periodo ridurrà la domanda globale.

Secondo un vecchio adagio, gli errori perdurano nel tempo ben oltre che chi li ha commessi se ne è andato. Ciò è sicuramente vero per Greenspan, ma nel caso di Bush stiamo iniziando a subirne le conseguenze addirittura prima che egli se ne sia andato.

L’autore, premio Nobel per l’Economia, è docente alla Columbia University
Copyright: Project Syndacate, 2007 www. projectsindacate. org
(Traduzione di Anna Bissanti)

(10 agosto 2007)

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